DEDALO 38 - page 34

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S
ono passati otto anni dalla pubblicazione
del DLgs 163/2006 (Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture) e ben venti dalla L. 109/94 (la
allora “Nuova legge quadro in materia di
lavori pubblici”, più comunemente conosciuta
come Legge Merloni) che introduceva nel
nostro sistema di realizzazione delle opere
pubbliche il concetto di “verifica del progetto”
(art. 30 comma L. 109/94) ai fini della
“validazione”. Sulla spinta del ciclone
provocato dall’inchiesta “mani pulite”, che
aveva messo in evidenza inefficienze e mal
gestione della cosa pubblica, alla fine del
1992, nasceva l’urgenza di un riassetto della
normativa preesistente che riconducesse la
gestione delle opere pubbliche a criteri di
trasparenza ed efficienza. La Legge Merloni
ridisegnava così l’articolazione del processo
edilizio introducendo, per la prima volta nella
normativa cogente italiana, i temi della qualità
e del controllo, da tempo teorizzati e già
presenti in altre normative europee. Il
Legislatore tradusse quindi in regola quanto
peraltro la buona pratica, ancor prima che
l’esperienza, suggeriva e cioè che quando
si tratta di un’opera complessa e ad elevato
impegno di risorse, come lo sono gran parte
delle opere pubbliche (senza dimenticare non
poche iniziative private), diviene prioritario
ridurre i rischi di ritardi o variazioni dei costi
di realizzazione e accertarsi che l’opera
realizzata corrisponda pienamente alle reali
esigenze del committente. In questo senso,
peraltro, i rischi non stanno solo dalla parte
del committente: tutti gli operatori, anche
progettista e costruttore, sono danneggiati da
errori, carenze o quant’altro provochi ritardi,
aumento dei costi o il mancato
raggiungimento del risultato atteso, e dunque
non può che essere comune l’interesse alla
qualità ed efficienza. In tale contesto si
individuò nella progettazione quel momento
centrale del processo di costruzione cui
concentrare l’attività di verifica preventiva per
sfruttarne a pieno la potenziale efficacia.
Nasceva così l’obbligo di verifica dei progetti
quale presupposto per la loro appaltabilità.
Tale verifica assunse il significato di un vero e
proprio collaudo della fase progettuale da
svolgersi prima dell’inizio delle procedure di
affidamento, incentrato sulla coerenza del
progetto rispetto alle finalità e agli scopi per i
quali l’opera è stata prevista, e sulla
conformità all’impianto normativo cogente e
ai limiti temporali e di spesa prestabiliti.
Anche da un punto di vista soggettivo, cioè
degli operatori abilitati a svolgere un tale
controllo, il Legislatore si mosse secondo
criteri di qualità e affidabilità, richiedendo
– per le opere di maggior rilievo – che questa
attività di verifica venisse svolta esclusivamente
da Organismi di Controllo accreditati ai sensi
della norma europea UNI CEI EN 45004. Ciò
che sulla carta costituiva un impianto di
eccellenza, che si poneva tra i più avanzati a
livello europeo, nella pratica rimase però per
lo più lettera morta, per l’incapacità (e spesso
l’impreparazione) dei funzionari pubblici a
cogliere le potenzialità dello strumento e per
la scarsa propensione ad investire su servizi
di efficienza in un contesto strutturalmente
da sempre poco incline alla performance.
La mancanza di controlli sull’applicazione
e di censure per le riscontrate violazioni fece
il resto, con quanto ne è seguito in termini
di spesa pubblica e scheletri urbani a
testimonianza del fallimento di un sistema. Le
altissime percentuali di successo nei rari casi
di applicazione avevano però dimostrato la
bontà del processo di verifica e la sua
indiscutibile utilità, determinando il
Legislatore, anche per rimanere al passo con
gli standard internazionali (dove lo strumento
trova diffusione come Design review,
Independent Checking Engineer, Design
verification), ad insistere su tale strada
e dunque a riproporre tale strumento,
in maniera ancor più decisa e articolata,
con la riforma delle procedure pubbliche
di affidamento di lavori e servizi compiuta
con il D.Lgs. 163/06 (art. 112) e successivo
regolamento di attuazione D.P.R. 207/2010
(Parte II, Titolo II, Capo II, art. 44 ÷ 59). La
verifica del progetto ha dunque assunto a tutti
gli effetti il ruolo insostituibile di fase analitica
e ingegneristica che deve mettere in luce tutte
le caratteristiche di qualità (o di carenza
di qualità) del progetto al fine di pervenire
alla redazione finale di un opus progettuale
adeguato agli scopi che il committente
si prefigge. La sua conclusione con esito
positivo comporta il trasferimento
al committente della comunicazione
che il progetto è scevro da errori e da lacune,
coerente con il contesto normativo a cui deve
rispondere, adeguato a soddisfare le esigenze
per le quali è stato concepito, congruo dal
punto di vista economico, realizzabile e
immediatamente cantierabile (se si tratta di
un progetto esecutivo) ovvero atto a generare
il successivo livello approfondito di
progettazione (livello definitivo se il progetto
oggetto di verifica è un preliminare; livello
esecutivo se il progetto oggetto di verifica
è un definitivo). In tale contesto abilitato a
svolgere tale servizio e a garantire il risultato,
Colmare le lacune
validazione
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