Il consolidamento delle imprese di settore
è al primo posto dei driver del modello per
ripensare l’impresa. L’alta frammentazione
del mercato delle costruzioni in termini
di numero di aziende è il primo elemento
da analizzare.
Nel periodo di crisi 2008-2010 si sono infatti
verificati una serie di fenomeni (grafico 9):
1)il decremento del numero delle imprese
(-4%) sostanzialmente dovuto a un 24% di
imprese coinvolte in procedure fallimentari
(~6,7K imprese 2008-2010; alto insolvency
ratio nelle costruzioni di 31/10.000 nel 2011,
secondo solo all’industria) e ad un restante
76% ripartito tra aggregazioni e fusioni
e uscite “volontarie” dal mercato;
2)il decremento del numero degli addetti
(-11%);
3)l’aumento delle imprese con un solo
addetto (+4%) e con oltre 250 addetti (+4%).
Con comparazione rispetto all’UE, l’Italia ha
un trend simile ad altri paesi europei
(Fonti: ANCE, Insee, Ministerio de Fomento,
Construction Statistics Branch, Office for
National Statistics, Statistisches Bundesamt).
In Italia ci sono 450k imprese di costruzioni
(escluse le società di installazioni di impianti)
che contano oltre 1,3M di addetti. Circa il
96% delle imprese italiane ha meno di 10
addetti (~58% con un solo addetto). Anche
in altri paesi significativi della UE (ed in UK),
oltre il 93% ha meno di 10 addetti.
Le imprese italiane sono sottocapitalizzate:
il livello equity/debito è 7 punti percentuali
sotto la media EU. In particolare circa il
50% delle PMI di costruzioni italiane ha un
rapporto Debt/Equity è in “zona rischio”.
(Fonti: Bankitalia,Cerved) (immagine 11)
Elemento imprescindibile per un’impresa
che vuole perseguire una strategia
di consolidamento è quello di avere
una profonda conoscenza della propria
realtà aziendale.
A tale scopo è innanzitutto importante fare
una autodiagnosi sulla base di:
propria dimensione aziendale
settore in cui si opera (Pubblico/Privato)
natura dei margini industriali
(commesse/aree attività)
struttura e la sostenibilità dei debiti finanziari
evoluzione del Capitale Circolante.
Molto frequentemente le PMI di costruzione
italiane non hanno un adeguato controllo
di gestione: difficile dunque avere contezza
delle proprie aree di inefficienza o del profilo
finanziario delle proprie commesse attive
(o delle gare che si stanno preparando).
Conoscersi per compiere consapevolmente
scelte di assunzione di nuovi lavori,
migliorare i propri margini e perseguire
un rafforzamento patrimoniale sembra
apparentemente un concetto scontato,
ma non è così per molte imprese.
Il secondo fattore del modello riguarda
la ricerca del vantaggio competitivo.
Tale vantaggio può assumere connotazioni
di “costo” o di “differenziazione”
declinandosi in 3 strategie alternative:
Le imprese italiane sono sottocapitalizzate: il livello
equity/debito è 7 punti percentuali sotto la media EU
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