Marocco. La Libia e l’Egitto sono, viceversa,
molto meno stabili dal punto di vista politico.
Più ad Oriente, ma sempre raggiungibili
in modo “non insormontabile”, l’Arabia
Saudita e tutti gli Emirati, Paesi dove l’inglese
è normalmente, almeno a livelli alti, molto
diffuso. Tutti mercati relativamente vicini.
Rimane il fatto che ci si può installare
nella misura in cui la struttura dell’impresa
conosce il paese (in via diretta o indiretta),
ha personale preparato nella conoscenza
delle lingue e flessibile nel comprendere le
necessità e la mentalità di ogni committente,
gli usi e costumi spesso anche radicalmente
diversi dai nostri. In Arabia per esempio
le trattative sono infinite e non sempre
incontrano la pazienza dei nostri Sviluppatori.
Oltre al Nord Africa suggerirei di pensare
all’Europa Orientale, dove l’esperienza
italiana è consolidata sia nel campo delle
infrastrutture (aeroporti, ferrovie, centrali
idroelettriche) sia in quello dell’edilizia.
Tutta l’Europa orientale è un mercato
potenzialmente molto interessante e sono
diverse le imprese che, con bilanci sani,
hanno riconvertito, almeno parzialmente,
la produzione dall’Italia in questa zona
d’Europa. C’è chi ha addirittura aperto
stabilimenti per la prefabbricazione per
servire, con un raggio di azione tipico di
questa produzione, il territorio locale. C’è chi
ha saputo evolvere in fretta, o in tempo, ed ha
portato a casa risultati certamente lusinghieri.
Grandi Imprese di Costruzione italiane sono
state capaci, nel giro di quattro-cinque anni,
di passare dal 30% della produzione estera
e 70% in Italia al contrario, 70% all’estero
ed il rimanente in Italia Altre che nel giro di
pochissimi anni hanno aperto Filiali/Società
in molti Paesi. Molte, in definitiva, ora per lo
più lavorano all’estero. Ma la vicinanza e la
conoscenza del Paese in cui cercare un “altro
mercato” rimane, a mio avviso, un fattore
fondamentale, soprattutto nel caso di imprese
di medie dimensioni come sono la maggior
parte delle nostre. A volte Paesi lontani
possono affascinare ma è un errore: pensare
di andare negli Stati Uniti, ad esempio, senza
una dimensione di impresa credibile è un
controsenso. E’ un mercato difficilissimo,
dove le Grandi Imprese Italiane sono a volte
riuscite ad andare (a volte guadagnando
altre perdendo) molto complesso e non
per tutti. Per le imprese medio piccole in
questi paesi c’è la possibilità del subappalto
in strutture dove la grande impresa fa da
General Contractor: in genere gli italiani sono
molto apprezzati anche in questo ruolo, sono
flessibili e generalmente poco litigiosi, ma si
tratta di sub appalti (e quindi vale la logica dei
prezzi dai profitti limitati). In ogni caso, per
la media Impresa, soprattutto se detentrice di
know tecnico, macchine e uomini, mettersi
al traino di un General Contractor italiano
può essere utile ed interessante. L’estero, a
volte, è visto come l’ancora di salvezza per
situazioni finanziarie quasi compromesse, ma
il tema di fondo è che la capacità finanziaria
propria è fondamentale e chi ne è privo non
può contare sull’appoggio degli Istituti di
Credito. Non si può affrontare un mercato
estero senza avere una base solida in Italia,
base solida di Impresa, di uomini, di mezzi,
di capacità finanziaria commisurata al lavoro
che si affronta. Né va trascurata la capacità di
reperire il personale locale necessario.
Il settore immobiliare
Venendo ora al settore immobiliare, chi ha
investito negli anni passati nei paesi dell’Est
Europa, ad esempio, ha raccolto quasi sempre
molto bene, ma il ritorno economico non è
stato immediato, è arrivato nel tempo con una
rendita che è salita molto ma nel tempo.
Ora certamente è tutto più caro anche nell’est
Europa ed i prezzi sono saliti parecchio,