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li imprenditori sollevano
con il loro impegno una
questione che non può
rimanere contenuta nello stretto
ambito dell’impresa, ma che deve
essere sentita come una priorità
per tutta la società italiana, se
questa vuole davvero imprimere
una svolta alla crisi e imboccare
una nuova strada di crescita,
economica e sociale. La mia
presenza, dunque, vuole
testimoniare innanzi tutto una
solidarietà convinta alle ragioni
della protesta. Il “cahier de
doléances” che avete predisposto
nella giornata della collera
ripropone quanto sia centrale
l’impaccio rappresentato dalla
burocrazia (e dai suoi costi): in
generale, è stato calcolato che,
al 31 dicembre 2012, solo per il
settore delle Pmi, il costo
della burocrazia abbia raggiunto
i 31 miliardi di
€
. Significa circa
7.000
€
a impresa, con una
tendenza inarrestabile al costante
aumento, che infatti è stato di
oltre il 14% rispetto all’anno
precedente. Sono valori che
corrispondono addirittura al 2%
del Pil. E proprio il settore
dell’edilizia è quello che paga
maggiormente la bulimia
normativa e regolamentare: come
siete voi a insegnarmi, in Italia
per i permessi edilizi si devono
attendere 258 giorni, quando la
stessa procedura all’estero si
risolve in 152 giorni, a costi
straordinariamente minori che
nel nostro Paese. Non stupisce
perciò che l’Italia, nella classifica
di “Doing Business”, il rapporto
annuale della Banca Mondiale
sulle condizioni di competitività
nel mondo, sia solo al 73° posto,
e all’ultimo tra i Paesi dell’Ocse,
sull’anno precedente. All’entità
del carico tributario non si
accompagna certo la qualità
dell’amministrazione e dei servizi
pubblici. Pensiamo per esempio
alla giustizia: una causa relativa ad
adempimenti contrattuali qui
dura 1.210 giorni, più del doppio
della media Ocse (518 giorni); e
costa il 29,9 per cento delle cifre
contestate (quando altrove non si
raggiunge il 20 per cento). La
classifica di “Doing Business” ci
vede addirittura al 160° posto sui
183 Paesi considerati. Ma al
danno rappresentato dal carico
fiscale, e dall’inefficienza di ciò
corvées
quanto alla facilità di svolgere
un’attività d’impresa. affari.
Naturalmente, il carico
burocratico alimenta quello
fiscale che, come ha comunicato
la Banca d’Italia proprio pochi
giorni prima della manifestazione
di piazza Affari, in Italia si fa
sempre più pesante: nel 2012,
esso ha raggiunto il 44% del Pil,
contro il 42,6 dell’anno
precedente. Nell’area
del’eurozona, l’Italia è ormai il
quarto Paese più tartassato; tra i
28 Paesi dell’Europa, siamo ormai
al 6° posto, guadagnando
(purtroppo) una posizione
Salvatore Carrubba
Editorialista, Il Sole 24 Ore
che si dovrebbe ottenere in
cambio, si accompagna l’ulteriore
beffa del costo per gli
adempimenti tributari e
burocratici, che sono tra i più alti
al mondo. Sempre secondo
“Doing Business”, il fisco italiano,
oltre che esoso, è ultra-complesso:
a pagare le imposte, infatti, il
contribuente italiano deve
dedicare mediamente 269 ore
all’anno, mentre nelle altre
nazioni industrializzate ne
bastano 186. Non a caso, nella
stessa classifica, l’Italia si colloca
al 131° posto per la facilità e i
costi del pagamento delle
Un ceto portavoce
Dalla Giornata delle Vessazioni