da sola però non mi pare sufficiente per aggredire il problema,
perché se si consente di posticipare l’emersione del dissesto per
alcuni anni il patrimonio risulterà comunque consumato per cui
l’unica conseguenza dello sbarramento legale sarà la diminuzione
dei concordati preventivi e l’aumento dei fallimenti senza alcun
incremento del soddisfacimento dei creditori, salvo forse l’effetto
dello stimolo per una parte delle imprese interessate a ricorrere prima
allo strumento concordatario. Ritengo che la scelta fondamentale
che si deve compiere è quello d’introdurre in Italia lo strumento
delle misure d’allerta sulla base dell’esperienza di altri paesi ed
in particolare di quella francese. Era già stato proposto dalla
Commissione per la Riforma Fallimentare istituita nel 2003 ma non se
n’è fatto nulla. In Francia gli indici d’insolvenza sono costantemente
monitorati e quando emergono scatta la segnalazione al tribunale
commerciale che concede un termine all’imprenditore per presentare
un piano di risanamento anche nella forma del concordato preventivo
procedendosi altrimenti all’apertura d’ufficio della procedura
concorsuale.
Ma a queste considerazioni non si potrebbe obbiettare
che la proposta di concordato è comunque sottoposta al voto
dei creditori e che quindi i creditori, se si ritengono penalizzati,
potrebbero votare contro?
In primo luogo è da osservare che con l’abolizione del quorum di
teste a favore della sola maggioranza di ammontare dei crediti i
normali fornitori contano molto meno. I creditori più forti come
le banche, che sono normalmente titolari dei crediti di maggiore
importo, spesso votano a favore della proposta, pur a fronte di offerte
di pagamento in percentuale minima, perche, trattandosi di soggetti
più forti dei normali fornitori, hanno ottenuto originariamente delle
garanzie esterne, come ipoteche su beni di terzi o fideiussioni degli
amministratori o di altre società del gruppo, che possono escutere e
che non sono intaccate dal concordato, o comunque perchè possono
valutare la specifica vicenda in un quadro più ampio che comprende
l’intero gruppo di cui fa parte la debitrice o l’operatività futura di una
nuova società a cui le attività vengono trasferite, concordando quindi
in quell’ambito, fuori dal concordato, soluzione compensative. Quindi
i creditori dissenzienti si trovano spesso a dover subire gli effetti di
concordati approvati da altri creditori che possono, a differenza di
loro, gestire il recupero del credito su più piani. Ma il vero nodo della
questione è che se l’insolvenza è fatta emergere due o tre anni dopo
rispetto a quando ha iniziato a manifestarsi, il dissesto è diventato
nel frattempo così grave che in ogni caso, indipendentemente dal
tipo di procedura, il soddisfacimento possibile per i normali creditori
non può che essere inesistente o comunque minimo. Questo dato è
poi accentuato dal fatto che in questo lasso di tempo i creditori più
informati e più forti possono sfruttare il vantaggio informativo per
contrattare delle soluzioni, come rientri e concessioni di garanzie,
favorevoli a sè che riducono le disponibilità per gli altri creditori. Si
parla al riguardo, soprattutto con riferimento alla posizione delle
banche all’interno del ceto creditorio in ragione della conoscenza
quasi dall’interno della situazione finanziaria dell’impresa di cui
esse dispongono, di asimmetrie informative. Il sistema delle misure
d’allerta per l’emersione tempestiva dell’insolvenza è l’unico