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P
uò sembrare strano, ma le procedure
italiane sul rilascio e la formazione
dei titoli edilizi non hanno pari tra i
aesi occidentali in termini di speditezza
procedurale ed efficienza. A seguito delle
più recenti riforme, tra cui il decreto del
fare della scorsa estate, è possibile realizzare
pressoché tutti gli interventi sul patrimonio
edilizio esistente (comprese le opere di
ristrutturazione edilizia) nel momento stesso
in cui si deposita il progetto in Comune. Per
gli altri (comprese le opere di demolizione
e ricostruzione con diversa sagoma) è
comunque possibile avviare i lavori decorsi
30 giorni dal deposito del progetto, senza
attendere la luce verde comunale. Nei
residuali casi in cui serve il permesso espresso
dell’amministrazione, l’istruttoria si avvale
della conferenza di servizi che, in termini
certi e sotto pena di sanzioni per i funzionari
inadempienti, assicura l’esame congiunto
dei diversi profili progettuali. In ogni modo
decorsi 90 (150 nei Comuni superiori a
100.00 abitanti) giorni dalla presentazione
della domanda scatta il silenzio-assenso.
Quanto alle procedure di approvazione
e variante degli strumenti urbanistici
generali - che pure esulano dalle presenti
considerazioni - è noto che tutte le Regioni
hanno previsto procedure accelerate, che
peraltro assicurano la valutazione unitaria
dei profili ambientali di VIA e VAS, per i
molteplici casi in cui sono ravvisabili ragioni
di urgenza. In ogni caso, attraverso la
procedura dell’accordo di programma, in
breve tempo si possono approvare varianti
urbanistiche per uno specifico progetto o
piano di sviluppo, chiamando al tavolo tutte
le amministrazioni coinvolte (locali e centrali)
per sottoscrivere un vero e proprio contratto
avente effetti diretti sia sulla pianificazione
del territorio, sia nei rapporti con i privati.
Come è dunque possibile che a fronte di un
quadro legislativo così avanzato e pensato
per soddisfare le necessità degli operatori,
tutelandone le giuste aspettative di certezza
e speditezza, all’atto pratico il rapporto tra
pubblica amministrazione e parte privata
si dimostri tanto fallimentare da costituire
quello che è stato definito come il principale
freno al rilancio dell’economia italiana?
Quali sono le cause della netta separazione
esistente tra dato normativo e realtà dei
fatti? e, soprattutto, è possibile indicare
una direzione cui tendere per superare il
problema? Per cominciare a ragionare su
un tema così complesso e rilevante è bene
premettere che la procedura per il rilascio
o la formazione dei titoli edilizi può essere
definita come il procedimento amministrativo
volto a verificare la legittimità dell’attività
edilizia e a regolare la realizzazione
degli interventi edificatori Anche dopo
l’introduzione dell’istituto della perequazione
urbanistica - che in qualche misura allontana
il diritto di costruire dalla proprietà dell’area
edificabile - la procedura edilizia può ancora
definirsi secondo la tradizione, come il
percorso necessario per rimuovere gli ostacoli
all’esercizio dello jus aedificandi. Su tale
premessa è possibile affermare che l’efficienza
delle procedure edilizie è influenzata tanto
da fattori inerenti allo stesso “processo”, ossia
la trasparenza, la rapidità e l’economicità
delle procedure, quanto da elementi relativi
alla “sostanza” quali l’intelligibilità e la
predicibilità, la ragionevolezza e la stessa
sostenibilità delle previsioni urbanistiche,
ambientali e prestazionali che regolano
l’edilizia. È infatti evidente che, in termini
di efficienza, la procedure più semplici per
il rilascio dei titoli edilizi sono vanificate
da previsioni sostanziali non comprensibili
e contraddittorie. Chi sarà così pazzo da
avvalersi di una procedura autocertificata
assumendosene la responsabilità quando
la disciplina edilizia da rispettare è
così complessa da non consentire una
interpretazione univoca delle regole?
In particolare, è comune esperienza
che in edilizia l’efficienza del rapporto P.A.
privato sia ostacolata nella sostanza
da diversi fattori quali:
a) la sovra-produzione normativa:
il proliferare delle procedure edilizie
codificate da Stato, Regioni ed enti locali è
stato definito la “complicata semplificazione”;
b) il riparto delle competenze legislative tra
Stato e Regioni: continua a mancare la legge
che dovrebbe definire i principi cui le Regioni
sono vincolate in materia;
c) la regolamentazione locale: gli strumenti
urbanistici e i regolamenti edilizi dei comuni
sono spesso inutilmente complicati;
d) l’instabilità politica: al mutare della
guida politica troppo spesso cambia la
disciplina edilizia a scapito della continuità
amministrativa e degli affidamenti ingenerati;
e) l’aumento dei requisiti prestazionali degli
edifici in termini di efficienza e compatibilità
ambientale;
f) la giurisprudenza, specie amministrativa:
chiamate a colmare i dubbi prodotti
dal riparto legislativo, sentenze spesso
contraddittorie tra loro annullano regole
che avevano ingenerato l’affidamento
degli operatori;
g) la corruzione: aiutata da procedure opache
e regole incerte, la discrezionalità è fonte
di malaffare.
Così riassunti i fattori che per quanto qui
interessa influenzano l’efficienza nel rapporto
P.A. cittadino, è possibile tracciare - senza
nessuna velleità di completezza e tanto meno
di approccio scientifico - un diagramma delle
due curve rappresentative nel tempo delle
componenti di “processo” e di “sostanza”
del procedimento edilizio. Il periodo dal
1942 (data della legge urbanistica nazionale
A sinistra e nella doppia successiva:
scavi di preparazione di un cantiere a Milano
A destra:
elementi per la costruzione di ponteggi