DEDALO 38 - page 10

e realizzato negli ultimi decenni: i sistemi di costruzione, le tecnologie, i materiali, l’organizzazione
stessa del cantiere. Oggi molto è cambiato. Sono diverse le tecnologie costruttive; è obbligatorio l’ade-
guamento a prescrizioni di sostenibilità ambientale che hanno rinnovato completamente le regole del
passato; ci sono innovazioni materiche che rappresentano vere e proprie novità nel mondo delle co-
struzioni; la formazione e le responsabilità delle maestranze sono state rivoluzionate. Di tutto questo
il costruttore deve tener conto: deve cambiare l’ottica con cui si vede l’edificio da costruire. Il manu-
fatto edilizio deve essere concepito e progettato come un vero e proprio prodotto industriale, a 360
gradi: un prodotto che nasce da un processo di costruzione, con una data di fabbricazione, una data
di scadenza, un costo di gestione, di utilizzo e di manutenzione, un’attenzione al ciclo di vita (vero
perno della sostenibilità), una trasparente esplicitazione dei componenti, un’estrema chiarezza sulle
prestazioni e un’offerta di adeguate garanzie. Solo in questo modo, facendo propria questa diversa e
nuova concezione, l’industria delle costruzioni potrà realizzare un prodotto diverso, molto meno co-
stoso ed estremamente più funzionale, che rispetti i requisiti e le condizioni che la legge prescrive e
che vada incontro ai bisogni espressi da una nuova domanda. Per fare questo, però, è necessaria una
integrazione sempre più stretta tra la fase progettuale e la fase costruttiva dell’edificio. Una delle più
importanti novità che ha interessato il settore edile negli ultimi anni è stata l’introduzione di nuove
regole, a volte prescrittive, a volte solo premiali, in merito alla sostenibilità degli edifici, alle tecnologie
costruttive, all’organizzazione del cantiere, agli obblighi di natura ambientale. Regole che da un lato
hanno richiesto attenzione al rispetto di ben precise prescrizioni legislative e dall’altro hanno aperto
la strada ad una maggiore considerazione della qualità del fabbricato. Più in generale, queste nuove
norme hanno messo in moto un processo di aggiornamento e di acculturamento dell’intera filiera
edile, le cui figure erano spesso prive delle necessarie competenze sia sotto l’aspetto progettuale che
sotto l’aspetto costruttivo. Ma, soprattutto, hanno determinato la inevitabile integrazione tra i saperi e
le scelte di tutti gli attori che partecipano, dall’inizio alla fine, al lungo iter di realizzazione del fabbri-
cato. Evidenti i vantaggi conseguibili da questa integrazione, a cominciare dalla riduzione dei tempi
e dei costi dell’iter di costruzione, e dal risultato qualitativamente superiore dei requisiti di sostenibi-
lità, intesa in senso complessivo, del fabbricato. Se, però, innegabili sono i vantaggi conseguibili con la
progettazione integrata, occorre anche sottolineare che ciò comporta un flusso ininterrotto di dati tra
soggetti diversi (progettista, capocantiere, committente, utente finale, ecc.). Ad ogni passaggio, infatti,
il rischio di incoerenze e perdite di informazioni è sempre molto elevato e spesso ciò si tramuta in un
costo per le imprese. Questo rischio può essere minimizzato grazie al potenziale della c.d. interopera-
bilità. Parlando del futuro del prodotto edilizio, non possiamo dimenticare l’importanza dell’efficien-
za energetica degli edifici: come è noto, infatti, gli edifici sono responsabili del 40% del consumo
energetico su scala europea. La Commissione Europea, conscia del problema e della sua incidenza sui
cambiamenti climatici globali e sull’inquinamento locale, spinge gli Stati membri ad emanare apposi-
te norme per contrastare il fenomeno. Ciò è avvenuto con la Direttiva 2002/91/CE e, più recentemen-
te, con la Direttiva 2010/31/UE. Tale Direttiva impone agli Stati membri di emanare disposizioni af-
finché i nuovi edifici e tutti quelli soggetti a “ristrutturazioni importanti” (ovvero le ristrutturazioni il
cui costo superi il 25% del valore dell’edificio o che riguardino almeno il 25% della superficie dell’in-
volucro) abbiano un consumo energetico “quasi zero”. Il recepimento di tale Direttiva dovrà chiarire
quali usi energetici dovranno essere inseriti nel consumo energetico (al momento, infatti, sono vigen-
ti obblighi solo sul riscaldamento degli ambienti) e dovrà essere determinato il concetto di “quasi
zero”. Il recepimento dovrà, però, confrontarsi con un quadro legislativo non semplice: ci si augura
che sostituisca con un unico atto l’intera produzione legislativa seguita alla Direttiva 2002/91/CE e
che non sia soggetto a successive e varie integrazioni. Il settore edile, come ogni altro settore dell’im-
prenditorialità, ha infatti bisogno di regole chiare, condivise e stabili nel tempo. La sostenibilità am-
bientale degli edifici sarà la nuova frontiera per un’edilizia innovativa. Infatti, si è già visto come le
criticità energetiche (costo dei combustibili e crescente inquinamento) hanno fornito al settore edili-
zio segnali chiari per un cambiamento che considerasse il fattore energia come uno degli elementi
chiave in un percorso costante verso l’innovazione. Allo stesso modo, la tematica ambientale, non ri-
duttivamente vista come “risparmio di energia”, potrebbe essere il prossimo volano per l’innovazione,
se adeguatamente supportato da nuovi incentivi e da nuove opportunità di mercato. Un problema da
superare è l’insufficiente coordinamento tra le varie regolamentazioni, ben rappresentato da alcuni
regolamenti edilizi comunali che impongono l’utilizzo di specifiche tecnologie, che godono di una
forte popolarità, dimenticandosi dell’esistenza di altre tecnologie concorrenti, meno alla moda ma
più efficaci. L’obiettivo comune deve essere quello di massimizzare la prestazione ambientale globale
dell’edificio e non di imporre specifiche tecnologie e materiali: in tal modo, verrà riaffermata la cen-
tralità e priorità di una corretta progettazione, capace di utilizzare tutti i contributi possibili (tanto
dall’involucro, quanto dalla bioclimatica e dall’impianto termico), al fine di ottenere un sensibile ed
effettivo risparmio energetico e un elevato comfort climatico. Una progettazione più attenta agli im-
patti ambientali sicuramente costa di più, ma permette un contenimento di una serie di voci che pe-
sano sul bilancio economico dell’intervento edilizio. Il rinnovamento della città non può, però, avve-
nire agendo esclusivamente sulle nuove costruzioni, che, secondo la Commissione Europea, hanno un
peso modesto (dallo 0,5% al 2% annuo) rispetto al numero totale di edifici. Occorrerebbero, infatti,
decenni per avere un impatto significativo delle nuove tecniche sostenibili. Di conseguenza, occorre
che siano resi più sostenibili e meno energivori gli edifici esistenti, eseguendo idonee ristrutturazioni
e sostituzioni edilizie. Credo che sia necessario far scattare, insieme, due leve. Da un lato, stimolare il
mercato privato tramite l’erogazione di appositi incentivi di natura fiscale ed edilizia, eventualmente
anche riconvertendo in un’ottica sostenibile gli attuali incentivi; dall’altro lato, sollecitare la commit-
tenza pubblica affinché aumenti il numero di appalti con forte connotazione di sostenibilità; perché,
ad esempio, non individuare una serie di aree particolarmente avvantaggiate sul versante delle biocli-
matica (per massimizzare gli apporti solari e la ventilazione naturale), da destinare all’insediamento
1,2,3,4,5,6,7,8,9 11,12,13,14,15,16,17,18,19,20,...48
Powered by FlippingBook